“Ispuligidenie” – Cala Mariolu
Tra lo scoglio piatto che delimita “Cala dei Gabbiani” e la falesia a picco che chiude la foresta di “Ispuligidenie” a nord, si sviluppa uno degli arenili oggi più famosi e più frequentati della costa baunese. Questa spiaggia, lunga circa 300 metri, divisa in due parti da un grosso scoglio utilizzato come molo di attracco dai barconi che trasportano i turisti, è oggi nota con il doppio nome di “Ispuligidenie – Cala Mariolu”. I due nomi si spiegano con la particolare storia di questo tratto di costa, e in un certo senso riassumono mirabilmente un passato in cui si intrecciano i racconti dei pastori con quelli dei pescatori. Innanzitutto si può dire che il nome “Ispuligidenie” precede nel tempo quello di “Cala Mariolu”: perché il primo è quello dato dai pastori di Baunei che frequentavano l’entroterra, mentre il secondo è stato imposto dai pescatori ponzesi che all’inizio del Novecento si stabilirono a Cala Gonone e Arbatax. “Ispuligidenie” deriverebbe infatti da “su pulige de nie”, che in sardo baunese significa letteralmente “le pulci di neve”, poetica metafora utilizzata dai pastori della zona per definire i candidi ciottoli levigati dalle onde di cui è composta la spiaggia, e che probabilmente, in seguito, è passata ad identificare l’intera foresta che sovrasta la spiaggia. “Cala Mariolu”, invece, più prosaicamente, significa “cala del ladro”, e tale definizione si deve ai pescatori ponzesi, che nel loro dialetto di derivazione napoletana chiamavano “o mariuolo” (“il ladro”) la foca monaca (un tempo assidua frequentatrice di questo tratto di costa) perché questa “rubava” il pesce direttamente dalle reti calate dalle barche. In breve tempo il termine venne sardizzato con la “u” finale, e da allora “Ispuligidenie” cominciò ad essere chiamata anche “Cala Mariolu”. I ponzesi che hanno ribattezzato la spiaggia di Ispuligidenie hanno di fatto segnato la storia marinaresca della costa tra Arbatax e Cala Gonone. Arrivavano a bordo di particolari imbarcazioni, chiamate “mbruchièlle”, con le quali pescavano le aragoste che poi trasportavano, ancora vive, sino a Marsiglia. Questi abili pescatori dai cognomi inconfondibilmente napoletani come Aversano, Vitiello, Morlè, partiti da un arcipelago a venti miglia dalle coste del Lazio, portarono l’arte della pesca nella costa di Baunei, dove l’Angius, nel 1834, aveva notato che “nessuno (…) applicossi mai alla pescagione nel mare (…)”. Curiosamente, oltre un secolo dopo le parole dell’Angius, nel 1959, una donna baunese, Speranza Maddanu, andata in sposa ad un pescatore ponzese, Giovanni Aversano, aprirà ad Arbatax il primo ristorante a base di pesce dell’intera Ogliastra.