La Miniera di “Genna Olidone”

La Miniera di “Genna Olidone”

A valle del paese di Baunei, tra la chiesa di San Lussorio e il piccolo centro abitato di àrdali, in località “Genna Olidone”, si può ammirare ciò che resta delle costruzioni e delle attrezzature che nella prima metà del Novecento consentirono di sfruttare un giacimento minerario di galena argentifera, nota anche come “piombo argentifero”.

L’interessante giacimento, scoperto nel 1910, fu dato in concessione nel 1912 alla “Società Mineraria Ichnusa”, in quegli anni già concessionaria a Baunei della cava litografica de “Su Stabilimentu”.

L’apertura della miniera di “Genna Olidone” rappresentò per molti baunesi l’occasione di svolgere un’attività lavorativa retribuita con un salario, fattore significativo all’epoca, poichè rendeva economicamente attraente, in una società ancora prettamente  agropastorale, un lavoro pesante e pericoloso come quello del minatore. Per questo motivo i minatori che operavano nel sottosuolo, e con essi le donne che venivano assunte con l’incarico di fare la cernita, all’aperto, del materiale estratto, erano considerati dai compaesani  quasi dei privilegiati.

La miniera si rivelò una grande opportunità lavorativa anche per i proprietari dei carri  (“us carradores”) che si occupavano di trasportare il minerale estratto a “Genna Olidone” sino al porto di Arbatax, dove veniva imbarcato sulle navi dirette alle fonderie “in Continente”. Intorno alla miniera ben presto sorse un piccolo villaggio, costituito dalla casa del direttore (che però visitava saltuariamente il sito) da quella del custode e da quelle dei minatori, costruite dalla società mineraria.

Durante i primi anni di sfruttamento del giacimento, la galleria principale di esplorazione raggiunse la lunghezza di 400 metri. Dopo il 1916 fu aumentata la forza motrice delle attrezzature utilizzate nella miniera, con la collocazione nei pressi della laveria del motore diesel fino ad allora utilizzato dalla “Ichnusa” nella cava litografica.

Fu così possibile utilizzare l’aria compressa nelle operazioni di perforazione e di evacuazione delle acque dalle gallerie. Nel 1925 la concessione passò dalla “Società Mineraria Ichnusa” alla “Società Miniere Rosas”, che sfruttò la miniera fino agli anni Quaranta, quando subentrò la “Società Genna Olidoni”. Un’alluvione nel 1943 rese inagibili le gallerie. Una prima chiusura dello stabilimento minerario si ebbe nel 1948. La riapertura negli anni Sessanta non diede i risultati sperati e perciò la miniera di “Genna Olidone” fu definitivamente abbandonata.

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